D: È possibile uscire dalla sofferenza?

R: Per uscire da qualcosa prima ci devi entrare.
La sofferenza è una risposta soggettiva alla situazione in base ad una serie di variabili su cui non abbiamo controllo.
L’aspetto principale è la resistenza, il volere che le cose siano diverse da come sono.
Non si può spegnere a comando. Questa sofferenza è in me, non è me. Ogni tentativo di uscirne o di evitarla la prolunga.
Se provo ansia non posso non provarla. Se provo rabbia non posso non provarla. Posso modulare esteriormente per ragioni sociali, ma anche questo è abbastanza soggettivo e non sempre è possibile.

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L’istante ha sempre ragione. Noi possiamo solo immaginare di poter bloccare o anticipare la vita, ma ciò che deve accadere accade. A volte ci andiamo insieme a volte contro. A volte reagiamo a volte no. Non è sotto il nostro controllo.
Arriva un momento in cui il corpo e la mente possono rifiutare, ma lo sguardo che illumina tutto, la consapevolezza, non ha preferenze. Si è quella consapevolezza, e questo a volte calma il mentale. Altre volte no, ma si è sempre quello sguardo senza preferenze. Non si tratta più di diventarlo, realizzarlo e crederlo. Il sole c’è a prescindere, si sa. Quel sapere non è la fine della sofferenza, ma l’inizio di una sofferenza totale. Ciò che è totale ha sempre una bellezza sconfinata, di qualsiasi emozione si tratti. Se non ci fosse questo i poeti e i musicisti non potrebbero comporre opere incredibilmente toccanti.
Questa sofferenza va lasciata senza causa, va vissuta senza soluzione. È poesia. Se l’uomo non impara a stare con quella carezza, la sofferenza diventa rifiuto e dolore.

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