Solitamente, in quest’ordine, si dice che la vita è una realtà dualistica che oscilla tra espansione e contrazione. Forse sarebbe più corretto affermare il contrario: la vita inizia e prosegue tramite le contrazioni che rinchiudono in se, la potenzialità dell’espansione, perché, come ogni parto, sono proprie le contrazioni che permettono alla vita di manifestarsi, innescando un processo chiamato nascita.
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Nonostante questa semplice verità, il dolore è temuto perché porta con sé il caos nella vita umana, ma è anche ricercato e riportato in ogni mezzo di comunicazione sociale. Tema di racconti e lamenti giornalieri, il dolore occupa molto più spazio degli eventi positivi, perché la verità è: il dolore e la paura fanno audience, vendono giornali, fanno accendere la TV, di conseguenza, tramite scompigli e avversità, ogni essere umano è più cosciente del dolore come testimone della propria presenza nel mondo.
Il macro cosmo riflette il micro cosmo, e vice versa. Quello che i fisici chiamano i nulliversi, universi governati dal caso e dal caos, sono presenti anche dentro ogniuno di noi. Tuttavia, nell’universo, l’ordine nasce dal caos, ma questa forza creativa, nella vita umana è mal compresa, temuta e giudicata e fa fatica a occupare il suo posto nel mondo delle donne e degli uomini.
Le culture religiose hanno offuscato il rapporto che l’umanità ha con il dolore. Sacrificando il suo bisogno di libertà, sostituendolo con l’attaccamento, come fosse una medaglia da portare, collettivamente, siamo diventati vittime volontarie del malessere, senza fare alcuno sforzo per comprenderlo veramente.
Nessuno escluso. Anche chi ha scelto una vita spirituale.
A volta, in balia di se stessi, incapaci di fare un solo passo verso la vita, si rimane affannati, senza respiro, mentre si annega in quello che assomiglia a un oceano in piena burrasca. Risucchiati nel suo vortice, siamo trascinanti nel fondo del mare impotenti e senza speranza. Questo può diventare un’abitudine di vita, un modo per non assumere la responsabilità di quello che, effettivamente, sta cercando disperatamente di nascere.
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Questo segnale vitale chiamato dolore, non è negativo, ci ricorda della propria esistenza, della nostra incarnazione, e va compreso e messo al nostro servizio.La vita non è sostenibile senza questa polarità che rappresenta la porta verso l’espansione (nascita/ri-nascita).
Orfani della madre, e costretti a vivere con l’odiata matrigna, cerchiamo la salvezza fuori di casa ma, quella matrigna, apparentemente malvagia, va riconosciuta per il ruolo che occupa nella nostra vita; che piace, oppure no, ci conduce all’amore.
L’amore e la paura (dolore) sono inseparabili. Se l’amore è la luce, la paura/dolore e l’ombra. Entrambi vanno onerati, perché quando il dolore è escluso dall’equazione, l’amore è sminuito e ridotto alla stessa misura in cui accogliamo i propri dolori.
Il dolore, come l’amore non ha parola è…
Non va misurato, ma sentito
Non va spiegato, ma accolto nel silenzio
Invece l’umanità lo rinnega, proiettandolo ovunque, lamentando e colpevolizzando pur di non prenderne la propria responsabilità. Non è un caso che il dolore, se ascoltato, è la miccia che fa accendere la fiamma della trasformazione alchemica perché rovescia la mente inflessibile come un calzino rendendolo plastico e disponibile verso l’innovazione.
Accogliere il dolore o respingerlo è una scelta; una scelta tra vivere nella paura o nell’amore. E’ proprio il dolore, la molla che apre il cuore, perché ha il potere di condurci nel vuoto, nel silenzio quando finalmente i lamenti della vittima sono esauriti.
Il dolore isolato e in separazione è sinonimo della resistenza, mentre l’amore è il consenso, il Sì alla vita, raggiungibile grazie ad un atteggiamento saggio nei confronti delle avversità della vita. Il dolore richiede sempre un agire nella totalità della persona, chiama il rilascio, un mollare delle prese, un lascia che sia, un fluire delle emozioni, quel moto liberatorio di lacrime che reclama la vita e la propria esistenza; ed è proprio qui che ci ritroviamo al connubio paura amore, amore paura.
Dopo anni di lavoro su di noi abbiamo imparato a riconoscere l’ombra,a vederla rispecchiata nella vita e nei volti degli altri, perché proiettati su ogni evento sconvolgente e persone scomode. Ora sono finiti i tempi delle favole, di forzare a tutti costi un sentimento positivo per compensare. E’ arrivato il momento di ammettere, senza paura, che il dolore c’è, che non se ne va, e che ogni sforzo di trasformarlo, fino ad ora, è fallito.
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La verità è pur sempre la verità. Ci renderà liberi solo nel momento in cui siamo disposti ad essere autentici nel sentire il dolore senza cercare di fare nulla per placarlo . Solo la conoscenza di tale comprensione ci rinnova la visione del dolore; non va liberato come un cavallo pazzo, senza briglie, in un mercato domenicale dove s’implode (break down) per i danni subiti, ma tenuto sotto osservazione con dignità, è attraversato (break through) con autorevolezza come uno delle due dimensioni opposte che ci permette di affrontare, in un modo nuovo, una dinamica trasformativa che forgia, tramite il fuoco, una nuova logica al servizio del maestro cuore; eliminando il rischio della frantumazione, la separazione mentale che rinforza il dolore ciclico e distruttivo.
Avere il coraggio di vivere il dolore fino in fondo, di scuotersi, liberandosi del peso in più, è un gesto d’amore proprio, perché nessuna coppa può essere riempita con qualcosa di nuovo se non viene prima svuotata.
Caroline Mary Moore
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