Per Antonio Caruso il paradiso può attendere, il teatro no
di Nicola Savoca
CATANIA – È andato di là, o se volete nell’aldilà, in una sorta di paradiso, in uno stato di beatitudine. Il Divino, lui non lo chiama Dio, gli ha parlato e gli ha consegnato quattro messaggi. Racconta così, anche se sembra incredibile. Per sette giorni Antonio Caruso, 49 anni, attore catanese, è stato in coma dopo che un aneurisma gli è esploso dentro la testa (e altri due, congeniti, scopriranno i medici, erano pronti a fare altrettanto). Adesso è in riabilitazione, del tutto guarito. Nelle prossime settimane gli applicheranno un pezzo di calotta cranica – realizzata in Svizzera – che andrà a riempire il vuoto creato dall’asportazione di una parte del cervello.
Il 21 gennaio di quest’anno Antonio stava recitando, in un’aula-laboratorio davanti ad alcuni suoi giovani allievi, una poesia di Pablo Neruda, l’intensa Spiego alcune cose che parla della guerra civile spagnola. La mattina di quel giorno un sinistro presagio aveva turbato la serenità di sua moglie, Donatella Marù, insegnante di dizione e fonetica, anche lei attiva nel mondo del teatro.
Un uccellino era entrato in casa loro. Quando, anni prima, era successa una cosa del genere, il giorno della visita inaspettata era coinciso con la notizia che il padre di lei aveva un tumore. Comprensibile, per Donatella, collegare il nuovo intruso con l’annuncio che qualcosa di terribile stava per accadere.
“Recitavo il passaggio Una mattina ardeva tutto – ricorda Antonio – quando sentii un ‘crac’ dentro la mia testa. Riuscii a completare la poesia ma chi era di fronte a me vide che metà della mia faccia stava cadendo giù”.
Al pronto soccorso dell’ospedale, con il viso sghembo e aggrappato alle mani della moglie, non ci volle molto a realizzare che Antonio aveva avuto un aneurisma.
“I medici mi dissero che il sangue gli aveva allagato il cervello” racconta Donatella. Una volta intubato, Antonio entra in coma e viene subito operato. I medici spiegano alla moglie la drammaticità della situazione. Antonio se ne sta andando, se riuscisse semmai a sopravvivere c’è il rischio che perda l’uso della parola e che tutto il lato sinistro – lui è mancino – resti per sempre paralizzato. Strano a dirsi, Donatella non è disperata. A scaldargli il cuore sono arrivati da Gela i suoi parenti. In ospedale, scattato il tam-tam della notizia, arrivano anche decine di amici. Sono i ragazzi che negli anni Antonio ha educato all’amore per il teatro. Molti lo chiamano orgogliosamente “maestro”.
Sebbene non abbia molta dimestichezza con i computer e con i ‘social’ in particolare, Donatella sente il bisogno di lanciare una sorta di appello: Pregate per Antonio. Nel giro di poche ore un esercito sparso in giro per l’Italia si attiva con un solo obiettivo: chiedere a Dio di fare gli straordinari per salvare Antonio. Marito e moglie lo chiamano “avvolgimento d’amore”, una immensa carica di energia che si concentra su un solo individuo. Come se in quelle ore, in quei giorni, tutti avessero avuto un solo respiro. E non è casuale che, a distanza di pochi giorni, l’esperimento – chiamiamolo così – si ripeta ricorrendo ad un brano musicale che si intitola Breathe, cioè respiro. Un pezzo famoso, cantato da Midge Ure, che Antonio utilizza spesso durante le lezioni: “Respira per farmi respirare” dice il refrain della canzone. Antonio viene sottoposto ad un nuovo intervento: potrebbe morire durante l’operazione, avvertono i neurochirurghi. Nessuno può immaginare che pochi giorni dopo si risveglierà sorridente.
In quello stato di pre-morte Antonio ha compiuto un viaggio tutto particolare: NDE, Near Death Experience, viene definito il fenomeno; i soggetti che ‘sfiorano’ la morte per poi tornare in vita, raccontano di esperienze che hanno tra di loro molti elementi in comune. Se non vi sembra esagerato, si può dire che ha incontrato Dio (lui lo chiama “Il Divino”), e l’incontro è avvenuto in uno spazio che gli è sembrato il paradiso.
“Un luogo bellissimo, indescrivibile – racconta – dove non c’era niente di fisico. Avvertivo delle presenze e sentivo qualcosa che riconducevo a delle voci. Niente mi riportava a qualcosa di tangibile a livello umano.
“La sensazione – spiega Antonio Caruso – era quella di essere avvolto da lenzuola impalpabili d’amore. Io ero a bocca aperta, come un bambino che scopre qualcosa.
“La luminosità mi avvolgeva come fosse un nutrimento. Nello stesso istante in cui sono avvolto da tutto questo, il Divino mi fa vedere 30 anni della mia attività lavorativa. Immaginate un film dove io rivedo tutto ciò che ho fatto negli ultimi trent’anni (la rivisitazione o “life review” è uno dei tratti comuni delle esperienze di pre-morte, ndr.).
Lì, per un attimo mi sono preoccupato. Ho pensato: mi fai vedere queste cose belle perché è arrivato il mio momento. Ciononostante ero pronto, non avevo paura della morte. Non si può avere paura di una cosa così meravigliosamente bella. E invece mi giunge la voce del Divino che mi dice ‘No, non è il tuo momento. Anzi tu devi tornare a fare proprio quello che avevi fatto attraverso il teatro’. Ho capito che mi erano mostrate quelle immagini non per inorgoglirmi ma perché, tramite ciò che avevo fatto, io mi ero avvicinato a lui. In realtà mi rimandava giù per continuare il percorso”.
Ad Antonio, racconta egli stesso, il Divino affida qualcosa.
“Mi arrivano quattro Grandi Messaggi – sottolinea – messaggi per tutti gli uomini. Primo messaggio: ‘La gente è bellissima’. Lì ho avvertito la bellezza degli esseri umani, bellezza primordiale. Quella scintilla che vediamo negli occhi di un bambino. Quindi tutti sono Dio, in tutti c’è Dio. Il Divino aggiunge: ‘La gente è bellissima ma per motivi futili tende a sporcarsi nel corso della propria esistenza. Non possiamo più permetterlo’. Su questo, ho capito, avrei dovuto lavorare.
Nel secondo messaggio mi dice: ‘Dobbiamo fare in modo che la gente non abbia più paura’.
La gente si nasconde dietro le paure, tra tutte la paura della morte. Io dico: come si fa ad avere paura di un ritorno al divino?
“Terzo messaggio: ‘Fai in modo che le persone facciano sempre quello che sentono profondamente nel cuore’. Non vuol dire fare ciò che ti passa per la testa. Ma è un grado di consapevolezza, di connessione col proprio profondo.
“Il quarto messaggio è una considerazione legata al mio tentativo di risveglio. Mi sentivo avvolto da medici e infermieri e ripetevo ‘Grazie’, ‘Grazie’. Dal Divino mi giunge una voce: ‘Un Grazie in più a noi non toglie nulla e apre il cuore delle persone’. Ciò mi ha fatto capire che è necessario recuperare il senso profondo della gratitudine che ciascuno di noi ha ricevuto dalla nascita.
“Al mio risveglio – ho capito che mi stavo risvegliando – ho avuto, palpabile, la misura di quanto gli esseri umani, connessi tra di loro nella bontà fossero in grado di fare. Sentivo l’energia di tutti, anche di persone distanti chilometri da me. Pensavo: se sono stati capaci di fare questo per una persona, per me, cosa potrebbero fare per l’umanità intera?
Per ultimo il Divino mi chiede di ‘dire agli esseri umani di non affidarsi alla logica’. Abbiamo costruito secoli di vite umane sulla logica, ma è tutto fallibile perché è un prodotto della nostra mente. Avevo l’impressione che ci fossero tante persone in questo Divino, l’energia di tutti gli altri vissuti nei secoli dei secoli, nei millenni”.
Antonio, come dicevamo, si trova adesso ricoverato in una clinica catanese per la terapia di riabilitazione. E’ un uomo rinato, come si può immaginare. Riaperti gli occhi ha deciso di fare subito tre cose: smettere di fumare, non mangiarsi più le unghie e, la più importante di tutte, riabbracciare alcune persone dalle quali, da tempo, si era allontanato. Tra queste il fratello maggiore che non vedeva da 15 anni. Agli amici che vanno a trovarlo racconta di questo meraviglioso viaggio astrale compiuto in quei sette giorni. Un viaggio costante tra la terra e la luna fatto, per quanto sembri bizzarro, a bordo di una navicella.
“Guardavo l’atterraggio e mi divertivo” ricorda Antonio. “E sai dove partiva questa navicella? E’ un ricordo assurdo, lo so, ma ben nitido: da via Pasubio, a Catania, dove dei mistici dicono che potrebbe esserci un portale dimensionale. Una delle prime cose che farò, lasciata la clinica, sarà farmi una passeggiata in via Pasubio.
“Dio – conclude Antonio, e stavolta non dice più ‘Il Divino’- mi ha fatto questo grande dono, ma se anche mi avesse regalato solo un quarto d’ora dopo l’operazione io avrei continuato a ballare di gioia. Noi uomini ragioniamo in termini di tempo ma non abbiamo capito quant’è importante il valore dell’istante. La bellezza che c’è in questo regalo che ci è stato fatto da Dio”.
FONTE: http://www.siciliajournal.it/per-antonio-caruso-il-paradiso-puo-attendere-il-teatro-no/
Dedico la scena finale di questo film meraviglioso…a tutti coloro che aspettano un “ritorno” e a tutti quelli che vogliono rivedere i propri cari che non ci sono più…Li RINCONTRERETE …Qui …in un altro tempo …in un altra dimensione …sotto altre spoglie…ma li rincontrerete…questo è CERTO
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