La coscienza: oltre i confini del nostro essere
“Non sono né i miei pensieri, né le mie emozioni, né le mie percezioni sensoriali,
né le mie esperienze. Io non sono il contenuto della mia vita.
Sono lo spazio nel quale tutto si produce.
Sono la coscienza. Sono il presente. Sono.”
ECKHART TOLLE
Etimologicamente il termine coscienza deriva dal latino consciens, participio presente di conscíre ovvero essere consapevole. Genericamente viene adoperato per indicare la consapevolezza di ciò che avviene in noi, ossia quell’ interiore conoscimento che ciascuno ha del bene e del male liberamente operato e del giudizio che ha dei suoi sentimenti ed azioni in relazione ai principi della propria morale.
Il significato che il termine Coscienza ha nella filosofia moderna e contemporanea è quello di un rapporto dell’anima con se stessa, di una relazione intrinseca all’uomo “interiore” o “spirituale”, per il quale egli può conoscersi in modo immediato e perciò giudicarsi in modo sicuro ed infallibile.
La determinazione storica del concetto di Coscienza è così correlata con quella di una sfera dell’interiorità come un campo specifico nel quale sia possibile effettuare indagini o ricerche che concernono l’ultima realtà dell’uomo e, assai spesso, ciò che in quest’ultima realtà si rivela, cioè Dio stesso o un principio divino. Il termine Coscienza in questo senso significa, perciò, non semplicemente la qualità di consapevolezza posseduta dai contenuti psichici (siano essi percezioni esterne o atti autonomi dello spirito) ma l’atteggiamento del «ritorno a se stesso», dell’indagine diretta alla sfera dell’interiorità.
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In psicologia la coscienza, ovvero la consapevolezza degli eventi mentali, non è facile da definire. Due delle sue funzioni sono evidenti: la coscienza tiene sotto controllo l’individuo e l’ambiente e controlla i pensieri e i comportamenti.
In ambito filosofico e scientifico si dibatte da tempo su un possibile significato condiviso del termine coscienza, ma questo obiettivo comune rappresenta tutt’ora una meta impossibile. La coscienza non può definirsi, ma solo descriversi…
Ricordi, sensazioni, vissuti ancestrali, unione e dissoluzione del proprio esserci, presenza che si concretizza nell’attimo in cui noi poniamo l’attenzione sulla consapevolezza di trovarci qui, in questo determinato momento, nell’ hic et nunc delle cose. Ma come siamo capaci di tutto questo?
Molti, nel corso dei secoli, si sono spinti verso la barriera dell’inconoscibile, dell’inconoscibile dato da un batter di ciglia, da una stretta di mano, da dolci ricordi di momenti passati, vissuti nel concreto diventando inconcreti nell’attimo in cui si plasmano e diventano parte della sfera dell’esperito, di ciò che abbiamo vissuto e che ora definiamo trascorso, esperienza. Esperienza, ovvero bagaglio, che ognuno di noi sin dalla nascita trasporta con sé facendosi strada sul proprio percorso. Esperienza è ciò che ci dà, attualmente, la possibilità di scegliere e direzionarci in virtù di un modello esistente a cui riferisci. L’insieme delle esperienze trascorse e la possibilità di muoversi nel grande ventaglio del possibile è ciò che in questa sede definiremo Coscienza, ovvero la possibilità di un ritorno a se stessi, alla propria interiorità come insieme di componenti non scindibili, co-determinata dall’interazione costante della realtà che ci circonda e che si svela e si partecipa della nostra stessa esistenza.
Un ritorno a se stessi e al mondo, inteso come viaggio a ritroso verso l’incipit, verso l’inizio, verso quell’inconoscibile che ci appartiene sin da quando il primo vagito in questa vita è stato emesso.
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“La coscienza non è una cosa tra le cose, ma è l’orizzonte che contiene ogni cosa” affermava Husserl.
Unione tra anima, corpo e mente che insieme formano la nostra totalità. Unione con il resto del creato senza il quale la nostra esistenza non sarebbe possibile. Siamo un Tutto interagente…siamo fusione, siamo
UNO. L’uomo appartiene alla natura, non può osservarla dal di fuori, poiché ogni atto di osservazione la modifica e la plasma. Eppure ci ostiniamo a ricercare e ad analizzare come ente a sé, come fenomeno oggettivabile, ciò che in verità appartiene non solo a noi esseri umani, ma all’intera realtà.
Non a caso, oggigiorno, il lavoro di ricerca sullo spettro della coscienza viene attuato partendo da ciò che è dimostrabile empiricamente e procede dal presupposto che la mente cosciente sia il risultato dell’attività biologica dei neuroni celebrali. La ragione di questo sta nel fatto che molti scienziati considerano la coscienza come un epifenomeno, ovvero come il prodotto manifesto di processi elettrochimici che avvengono nel nostro cervello.
Eppure la coscienza non è semplicemente il risultato di reazioni molecolari e di processi chimici, ma è il nucleo essenziale della natura, è sua essenza, è ciò che i fisici quantistici chiamano Campo Unificato. La teoria del Campo Unificato (che unifica tutte le forze fondamentali presenti in natura, ossia la forza di interazione debole, la forza di interazione forte, la forza elettromagnetica e la forza di gravità) presuppone l’esistenza di un singolo campo di intelligenza alla base di Tutto: mente e materia, essenza e concretezza. Questo campo è immateriale perché è pura coscienza, energia vibrante che permea il Tutto e che ci mette in rapporto spirituale con ogni cosa presente nell’universo.
La coscienza non si esaurisce a livello dell’interno, se così fosse rimarremmo chiusi e non ci potrebbe essere via di comunicazione con l’esterno sensibile. Al contrario le nostre vibrazioni interne, date dal simbiotico rapporto delle nostre componenti vitali, si espandono oltre noi stessi accordandosi con l’esterno, con l’esistenza stessa.
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“La sola possibilità è di accettare l’esperienza immediata che la coscienza è un singolare di cui non si conosce plurale; che esiste una sola cosa, e ciò che sembra una pluralità non è altro che una serie di aspetti differenti della stessa cosa, prodotta da un’illusione.”
E. Schrödinger
Esiste una netta linea di confine tra il nostro corpo e la realtà esterna solo in virtù della nostra parte razionale e delle nostre convinzioni radicate, di quel velo di Maya che ancora ci separa dalla verità. Ma questa linea è nulla se poniamo l’attenzione sul grande scambio energetico che avviene tra il dentro e il fuori. Siamo sintonizzati costantemente con la realtà che ci circonda, la nostra esistenza è parte di questa continua sintonizzazione tra dentro e fuori, tra sé interno ed realtà esterna, tra interiorità e apertura al mondo.
La Coscienza è energia non locale e il suo campo d’azione non va concepito entro i confini del nostro corpo ma al contrario, in modo esteso all’infinito. E’ energia che parla di noi e che ci dice del mondo e di come questo in ogni attimo del nostro esistere ci apre le porte verso infinite possibilità di essere. Abbiamo un potere immenso…siamo parte di un’unica grande Coscienza Divina, di un soffio di pura intelligenza che anima noi e tutta la realtà, di un campo unificato che unisce tutti i fenomeni dell’universo, materiali e spirituali, un campo di cui noi facciamo parte integrante e che ci collega ad ogni altro essere e fenomeno dell’universo, dal più piccolo al più grande.
Siamo parte di un unico fluire esistenziale…di quel Principio assoluto…di quell’UNO che è con l’altro…
“L’UNO si ritrova nei molti, e i molti sono infinite sfaccettature dell’UNO.”
F. Schelling
Carmen Di Muro
Fonte: http://www.scienzaeconoscenza.it/articolo/che-cosa-e-la-coscienza.php