La ricerca del Sè e le illusioni dell’io
Ogni onda, così come ogni uomo, crede di essere separata dall’immensità dell’oceano che l’ha generata, che rappresenta lo Spirito. Solo abbandonandosi al Tutto troverà la liberazione
Anni fa ebbi un’intuizione, un momento di risveglio che trasformò il mio atteggiamento verso la vita. Ciò che ero convinto di aver capito da anni mi apparve improvvisamente sotto una nuova luce e da una diversa prospettiva. Altre volte avevo vissuto momenti simili, ma nel tempo li avevo perduti. L’ego, infatti, inventa molti trucchi per continuare a illudersi di dirigere le cose. Non volendo essere trasceso, si appropria di ogni esperienza e così facendo si rafforza.
Anche una sincera ricerca spirituale può essere pericolosa (per questo in passato era riservata a pochi iniziati), perché quando cade in mano all’ego sortisce risultati che ne contraddicono del tutto la natura. Ad esempio, è comune che chi medita o segue maestri spirituali sia spinto a sentirsi un po’ speciale, se non un prescelto. Nei rapporti con il prossimo è più sicuro di sé, si sente qualcuno e la cosa gli fa piacere. Ma in questo modo rischia di diventare presuntuoso e meno spontaneo, quindi meno autentico. E questo è l’opposto di ciò che il maestro cercava di insegnargli. Amare è una condizione di libertà da ogni immagine di sé e dell’altro, è condivisione della presenza senza i filtri dell’egocentrismo. L’io con il suo passato e i suoi condizionamenti è la barriera che divide. Quindi sentirsi qualcuno e voler sostenere quella parte, vuol dire non essere se stessi.
Inoltre anche la psicologia ci insegna che la pretesa di essere buoni rafforza l’ombra e allontana dalla pienezza di sè.
Nell’attimo in cui riconobbi ciò che ho poi definito l’ego spirituale, quel me illusorio la cui ricerca è sempre autofrustrante, i nodi si sciolsero spontaneamente. Per descrivere come l’ego infine si è arreso, scrissi di getto le pagine che seguono. Data la natura paradossale della coscienza mi rendo conto di dover usare le parole per esprimere l’inesprimibile, spero tuttavia che le metafore con cui ho cercato di tradurre quest’intuizione possano ispirare il lettore.
Le onde e l’oceano
Immaginiamo che l’oceano sia la vita e che i singoli individui siano le onde. Allo stesso modo in cui l’uomo s’identifica con la personalità, la mente e il corpo come qualcosa di separato dalla vita e dal cosmo, immaginiamo che l’onda sia dotata di autocoscienza e percepisca se stessa come individualità separata dall’oceano. Percependosi come onda si rende conto della propria piccolezza rispetto all’immenso oceano e, attraverso la riflessione, sarà spinta prima o poi a confrontarsi con il problema della morte. Lo spazio che la separa dalla costa finirà nel tempo poiché il suo moto tende inesorabilmente verso la riva, che rappresenta la sua fine ineluttabile. Sa che un giorno andrà a sfracellarsi contro la scogliera, dopo di che sarà risucchiata dalla risacca che distruggerà la sua forma e la farà scomparire nell’ignoto. Oppure teme che si dovrà dissolvere in una morte prematura prima ancor di aver raggiunto la riva, per una bonaccia inaspettata. Dal terrore del non essere sono nate meravigliose fantasie compensatorie di vita eterna, di resurrezione o di reincarnazione.
“Dato che in questa vita sono stata un’onda qualunque non ammirata da alcuno, nella prossima vita verranno a fare i surf su di me e finirò in televisione”, dice l’ondella frustrata. Una dice: “Spero che le onde morte dall’aldilà m’inviino qualche messaggio che sia di guida al mio cammino”. Un’altra onda crede che se si sforzerà abbastanza a lungo nella pratica della meditazione potrà fermare i continui alti e bassi del suo vivere e forse persino raggiungere l’immortalità, congelata in un arco perfetto. L’onda narcisista spera solo che altri la ammirino e nel suo scrosciare spumoso, dopo un’impennata dovuta al Maestrale, si sente molto brava e crede forse di aver imparato la danza di Shiva (le magie dell’oceano Indiano). Un’altra si preoccupa tutto il tempo che altre onde non la sovrastino; e se qualcuna interferisce con il suo percorso intralciando il suo fluire negli spazi sconfinati della superficie marina si arrabbia molto. Un’altra intuisce che la sua origine appartiene a qualcosa di più grande e immagina che se un giorno potrà conoscere il Creatore, diventerà l’onda altissima che ha sempre sognato essere, come quelle che in Oriente si dice raggiungano altezze vertiginose. Queste onde meravigliose e antiche, a chi le interroga dicono che vanno così in alto senza alcuno sforzo e son così grazie all’oceano (per grazia del Creatore) e non per merito loro. Onde giganti e armoniche che rinascono di anno in anno durante il monsone. L’onda meschina pensa: “Quelli sono i maestri che dobbiamo imitare e si reincarnano di vita in vita solo per dare insegnamenti, loro non hanno attaccamenti e sono così umili da dire che non sono nessuno, che non fanno nulla”. Invero non hanno ascoltato né capito il messaggio sempre ripetuto che più o meno è sempre questo: “Non sono io, ma il Padre mio che agisce in me, non sono diversa da voi perché non esiste nessun io, condividiamo la stessa natura, solo il mare esiste, la nostra è un’apparenza transitoria, la verità immutabile è il mare con il suo immutabile mutamento, arrenditi alla volontà del cielo…”.
Ma nessuno comprende, anzi tutti continuano a tessere miti sui poteri miracolosi delle onde dell’oceano indiano. Le onde meno narcisiste, rare di questi tempi, invece di farsi prendere dalla competizione con le loro simili, cercheranno di dirigere i loro sforzi alla ricerca dell’anima, a una serenità stabile che liberi dai continui alti e bassi della vita.
L’onda più matura intuisce la profondità dell’oceano, ma immagina, suggestionata dalle illusioni che popolano la superficie chiassosa delle acque inquinate da superstizioni e fantasie di onnipotenza, che quando avrà trovato la propria anima potrà diventare un’onda che ha un’alta cresta e nessuna valle, con un grande potere di controllare il destino e realizzare i desideri.
Ogni sforzo di diventare un’onda più saggia ed equilibrata si dimostra frustrante perché le maree, i venti e i terremoti sono forze incontrollabili. Ed è chiaro, soprattutto, che un’onda che abbia una cresta e non una valle non esisterà mai. Gli improvvisi uragani che la innalzano verso il cielo non dipendono dal numero di mantra che l’onda ha recitato durante il suo passaggio sulla superficie dell’Oceano Indiano, né le deprimenti bonacce sono punizioni per i suoi atti impuri. Onde più intelligenti capiscono che la soluzione consiste nella riunione del loro ego individuale con il Sé (il mare), ma anche lo sforzo in questa direzione conduce a inutili fatiche sino a che l’onda identifica il suo destino mortale con la vita. A questo punto alcune onde giungono a pensare che forse sia meglio vivere come fanno quelle onde che non cercano alcuna liberazione, forse meglio vivere alla giornata, tanto che cos’è la vita? Non ha alcun senso, si muore e tutto finisce; arraffa quel che puoi, sottometti le onde più piccole e c’è sempre qualcuno più piccolo da dominare, goditela fin che puoi.
L’onda che ha preso una piega spirituale non può tornare indietro, sente che c’è in lei stessa qualcosa di più grande e intuisce profondità abissali. Dopo aver tentato a lungo e invano di trovare un proprio sè stabile, quando comprende che non ci può essere una cresta senza una valle, né alcun metodo efficace per tirarsi su nei momenti di bonaccia, libera da queste illusioni a un tratto ricorda come un’eco lontana che, tanto tempo prima, al momento del suo nascere, si sentiva oceano. Allora non aveva un io e una storia, la vita scorreva attimo per attimo, spontaneamente, ma poi questa sensazione è scomparsa nello sforzo di creare un personaggio secondo gli ideali delle onde che l’avevano generata e di quelle che la circondavano. Il cammino spirituale che gli avevano suggerito i numerosi gruppi di onde New Age consisteva nel mettere in pratica degli stratagemmi mentali per trovare l’amore e vincere la paura. Si diceva che onde sagge avevano tramandato queste conoscenze in secoli lontani, ma che la fonte originaria fosse il Creatore stesso e oggi finalmente queste informazioni erano state riscoperte da autori di bestseller.
Stratagemmi che purtroppo si mostravano, alla prova dei fatti, del tutto inefficaci e che, alla luce di un’analisi più profonda, risultavano non essere stati ispirati da Dio (o dal mare), bensì essere solo una versione distorta delle intuizioni dei saggi, diffusa a livello planetario da onde molto spaventate dalla morte e dal confronto con la vita, ansiose di diventare sante (e senza valle). Erano certe che con questi metodi sarebbero state protette, evitato le bonacce, raggiunto l’illuminazione e che dopo la morte sarebbero rinate in mari felici.
Queste tradizioni erano state tramandate in una forma che ne stravolgeva il messaggio, da onde che offrivano all’io illusori sostegni per aiutarlo a sfuggire l’inconcepibile e inaccettabile idea di non essere. Le onde veramente sagge, che riconoscono di essere una cosa sola con il mare, non sentono il bisogno di cambiare nessuno e parlano poco, perché sanno che quando parlano sono sempre fraintese. Se non lascia l’identificazione con l’io separato, l’onda non può che interpretare ogni cosa da una prospettiva illusoria che distorce anche le più profonde verità.
L’onda (l’uomo) non vuole veder morire l’illusione dell’io, seppure sia questa l’unica via alla vita eterna. Aborrisce la trascendenza di sé che pretende di cercare, vorrebbe liberarsi dalle colpe e dai peccati, ma non dai meriti. Non vuol rinunciare alle proiezioni illusorie che hanno costruito il teatro samsarico della vita; quindi persiste nel conflitto che nasce dal compito impossibile di diventare ciò che non si è, vittima d’insaziabili desideri di automiglioramento.
Un bel giorno l’onda riflettendo sull’inutilità di ogni sforzo si arrende e accetta di essere com’è. “Sia come il mare vuole”, “Sia fatta la tua volontà”, “OM Namah Shivay”, queste frasi diventano improvvisamente un’azione interiore e non soltanto uno slogan da ripetere rimanendo ben saldi nel senso di separazione. Di colpo con infinito sollievo scopre che da sempre non c’era mai stata alcuna separazione tra sé e il mare e che quest’unione non implica di dover smettere di essere contemporaneamente un’onda. Riconosce che, se si abbandona alla Vita, tutto andrà comunque come deve. Ciò che accade è inevitabile, ma la sofferenza inutile è evitabile. Una lucidità mentale prima sconosciuta svela l’inganno dell’io e pone fine al dualismo, io-mondo, micro e macro, alto e basso, bene e male, che ora coesistono nell’interdipendenza e non nella contrapposizione. Ecco finalmente la liberazione.
Invero non è cambiato nulla. La cresta e la valle ci sono come prima, né questa consapevolezza innalza la statura dell’onda. E’ solo la fine del conflitto interiore. Senza alcuno sforzo si è dissolto il problema del divenire, della morte e del tempo. Eterno movimento delle onde, eterni abissi silenziosi e immobili. Misteriose creature abitano in noi e delfini giocano sulle nostre spalle.
Liberi dallo sforzo, riconosciamo che Tutto è Uno e tutto emerge dal vuoto, da quella vacuità di cui ci ha parlato il Buddha.
Lo possiamo riconoscere come il Brahman degli Hindù, lo Spirito Santo dei cristiani, o l’impensabile vuoto quanto-meccanico dei fisici. Ciò che il pensiero e la fantasia non possono sfiorare, permea la realtà apparente: e tu sei quello!
Così scrive Albert Einstein: “Se la luna, mentre completa il suo eterno viaggio intorno alla terra, ricevesse il dono dell’autocoscienza, sarebbe certamente convinta di stare viaggiando secondo la propria decisione lungo la sua strada con la forza di una decisione presa una volta per tutte. Allo stesso modo un Essere dotato d’intuizione superiore e di una più perfetta intelligenza che osservasse l’uomo e le sue azioni, sorriderebbe dell’illusione umana che lo spinge a credere di poter agire secondo il proprio libero arbitrio”.