L’amore è la forza che muove il mondo.
Non l’amore da baci perugina e da bacetti che ci si scambia per noia, non l’amore dei baci che si danno per colmare vuoti, dei baci che pretendono qualcosa in cambio.
Non l’amore dei film e quello del “conosciamoci, fidanziamoci, sposiamoci, facciamo un figlio e poi annoiamici, colpevolizziamoci e disperiamoci”.
Non l’amore che si dà per riceverlo come controprestazione.
L’amore, quello vero.
Quello che permea ogni cosa, che regge ogni cosa, che unisce ogni cosa.
L’energia primordiale e perenne.
Quell’energia infuocata che scorre, si muove e rimane ferma in se stessa e scuote chi la perde.
E lo ripetiamo, come se fosse uno slogan, citando Dante e sentendoci colti, ma forse non sentiamo davvero quello che realmente significa e comporta.
Significa e comporta che questa forza è l’essere, è il motore eterno, è la trama che si cela dietro ogni evento, ogni gesto, ogni particella.
E significa che quando si è sintonizzati su questa forza, quando si agisce muovendosi da questa forza e consacrando a questa forza i propri pensieri e le proprie azioni, si muovono davvero le montagne!
Tutte le altre forze non possono che cedere, piegarsi e inchinarsi.
Oltre ogni apparenza.
E questa forza è sempre presente, è un fuoco che brucia perennemente, senza esaurirsi.
Per sintonizzarsi bisogna sentirlo bruciare e farlo bruciare dentro se stessi.
Brucia, riscalda, illumina e rigenera.
E crea.
Significa che se non si sente questo fuoco e se non si riesce a collegare l’idea di amore a questo fuoco, ci si perde la possibilità di esserlo, di viverlo e di agirlo.
Si perde, perché in realtà appartiene a tutti.
Non riscoprirlo è un grande torto che si fa a se stessi.
Perché non è una visione romantica, non è un accessorio, non è una possibilità.
È quello che si è davvero, è quello che è nascosto sotto la vita, sotto gli avvenimenti della propria vita, dietro le proprie giornate, i propri rapporti, dietro gli anni che passano e ci vedono smarriti.
Non essere collegati con quella forza, non conoscerla, si traduce in una vita vissuta da spettatore.
Ed è un peccato, è un torto verso se stessi, perché quella stessa vita potrebbe e dovrebbe essere vissuta da protagonista.
È un peccato, perché quella vita, potenzialmente vissuta da protagonista, rimane a guardarci, bloccata, mentre ci perdiamo tra la nebbia dei pregiudizi, della mancata comprensione, dell’ignoranza, della durezza e della vacuità.
Conviene essere quel fuoco!
Vera Nika
Fonte: https://www.facebook.com/Traanimaedego
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