BY Zelaschi
Un giorno stavo attraversando le strisce pedonali e mi accorsi che la macchina che si era fermata poco lontano da me non riusciva più a ripartire, di conseguenza i clacson iniziarono il loro concerto. Rallentai il passo e volsi lo sguardo indietro per vedere se riusciva a rimettersi in marcia. Ero combattuto, avrei voluto chiedere subito alla persona al volante se le serviva una mano…
[wp_ad_camp_2]
Praticamente nello stesso istante quella simpatica donna di colore, accortasi che la stavo guardando, mi chiese se potevo mettermi al posto di guida e far ripartire la macchina per lei, visto che si era agitata ed in quel momento non ci riusciva.
Mi divertii a portare un centinaio di metri quella macchina familiare traboccante di sgargianti colori al suo interno. Tirai il freno a mano e rimisi nelle sue mani il mezzo, visto che ormai si era tranquillizzata. E ringraziandomi mi salutò.
Quest’interessante racconto ci fa pensare a: quand’è che ci siamo dimenticati della ricchezza che ci può tornare dall’aiutare gli altri? Quand’è che abbiamo iniziato a girarci dall’altra parte quando un essere umano, che potremmo benissimo essere noi, si trova in difficoltà?
Quand’è che la paura, i condizionamenti, le differenze culturali, ci hanno resi aridi nei confronti delle vita e delle persone?
Bisogna iniziare ad invertire questo circolo vizioso, sforzandosi ed uscendo dai condizionamenti di ciò che la maggior parte della gente pensa e fa (perché se non cambiamo modo di agire le cose andranno sempre peggio). Tutto il mondo è vittima diuna tremenda ignoranza… e non si tratta di un’ignoranza di tipo intellettuale.
Quello che la nostra cultura considera ignoranza, in realtà sono cose abbastanza insignificanti.
L’ignoranza con la “I” maiuscola non è non sapere qual è la capitale della Germania o non sapere che cosa è un link o chi è il personaggio più popolare di Amici. Una delle grandi ignoranze che purtroppo crea una profonda povertà interiore, è non rendersi conto e non sapere che la nostra famiglia non si limita a nostro padre, nostra madre e i nostri fratelli ma è costituita dagli ormai sette miliardi di persone che popolano il pianeta e dalle trentadue milioni di specie che lo abitano.
Un’altra grande ignoranza è non capire che le guerre, gli scontri e le continue battaglie di potere, non fanno altro che impoverire e disperdere dell’energia preziosa che potrebbe essere utilizzata ed indirizzata verso fini, invece, costruttivi.
Un’altra grande ignoranza deriva dalla non corretta interpretazione riguardo ad espressioni di rabbia, chiusura, insicurezza, ecc… La persona, o l’essere, che ci sta mostrando ciò, in realtà nella maggior parte dei casi non vuole ferire noi ma sta solo esprimendo il suo dolore e il suo malessere. Ogni espressione di emozioni negative sta ad indicare che l’essere vivente che le sta manifestando in quel momento particolare sta soffrendo. Anche l’apatia e l’indifferenza (che forse sono i mali peggiori) indicano sofferenza ed infelicità. La nostra vera natura, quella più sana, è di condividere, poiché siamo animali sociali. In che modo e in che misura è soggettivo.
Anche le azioni che vogliono ferirci direttamente sono legate in modo stretto alla sofferenza. Proviamo a pensare: quando siamo davvero felici e quando siamo soddisfatti di noi, quando amiamo la nostra vita, quando ci sentiamo parte del tutto, quando siamo in apertura, abbiamo forse voglia di ferire qualcuno o qualcosa?? Ovviamente no, perché sarebbe come ferire noi stessi; e questa è la chiave di tutto il discorso.
[wp_ad_camp_2]
Nel nostro mondo in realtà vediamo delle cose il cui significato è esattamente l’opposto di ciò che il mondo stesso ci sta effettivamente mostrando.
Ancora un’altra grande ignoranza è avere l’errata concezione di essere separati dall’esistenza… purtroppo, la lista potrebbe andare avanti molto.
Se, al contrario, procedessimo d’ora in poi, tenendoci per mano “come un solo mondo che ha un solo scopo… che posto meraviglioso diventerebbe questa Terra!”.
Ed è proprio vero, “Siamo ciò che facciamo e non ciò che diciamo”.
Nel mondo del lavoro come nella vita, “dobbiamo prima impersonare il cambiamento che vogliamo si verifichi”.
Questo lo diceva proprio Gandhi, e non era di certo l’unico. In altre parole, se desideriamo la pace non possiamo continuare a crocefiggere la guerra (questa è un’altra grande ignoranza). E’ molto meglio non lamentarsi di quello che non vogliamo faccia parte della nostra vita perché lamentandoci gli stiamo dando attenzione ed energia, lo stiamo nutrendo, e quindi lo stiamo rendendo più reale.
Forse è un po’ come la pubblicità, se la gente smette di guardarla, prima o poi viene eliminata o viene sostituita con un’altra in grado di catturare attenzione.
Dunque, se continuiamo a pensare “Non vedo l’ora che passi questa crisi-non la voglio-non la voglio-deve finire-è sbagliato che ci sia…” in realtà il messaggio che le stiamo dando è proprio quello di restare.
Potremmo invece cercare di accettare la situazione senza giudicarla (la crisi) (e non è sicuramente facile) cercando di “nominarla” e focalizzandoci su di lei solo in modo costruttivo.
Quindi, se il mondo del lavoro così com’è non ci piace, è inutile e controproducente lamentarsene o passivamente farsi schiacciare annullando la nostra personalità e diventando infelici, e divenendo a forza parte di un gigantesco ingranaggio che crea sofferenza. Una delle cose migliori da farsi, forse, è creare delle anomalie nell’ingranaggio, rompendo lo schema (ormai obsoleto) del suo funzionamento, portando qualcosa di nuovo.
C’è una frase di Einstein che recita “Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare la stesse cose”.
Questa grandissima crisi che sta mettendo tutti a dura prova (in un modo o nell’altro) potrebbe essere sfruttata come un opportunità per rendere la situazione migliore di com’è ora, smantellando le fondamenta (dato che già si stanno sgretolando da sole) di un mondo del lavoro che si basa su falsi presupposti e grandi ignoranze.
Ed ancora, “ogni individuo che incontriamo sta combattendo una battaglia di cui non sappiamo nulla”.
Sarebbe bello provare a tenere a mente questo concetto, sia nei rapporti personali che di lavoro, portando comprensione là dove non ce n’è e sforzandoci di essere gentili.
(ovviamente un atteggiamento di questo genere funziona e produce “del buono” solo quando la lezione del rispettare ed amare se stessi è stata imparata bene, poiché in questo caso la gentilezza che verrà donata risulterà disinteressata e pura, come la ciliegina su di una torta di un benessere che è già preesistente).
In conclusione e riallacciandosi al titolo di apertura… Mondo, non è forse ora di svegliarsi? Siamo tutti collegati…
FONTE: http://notizielaterali.com/mondo-non-e-forse-ora-di-svegliarsi-siamo-tutti-collegati/
[wp_ad_camp_5]