Perché non ci perdiamo più? Siamo certi che un navigatore satellitare sia più efficace della bussola dell’anima? Quando cammino per boschi, o percorro in auto lunghi tratti di aperta campagna, mi capita di pensare a come doveva essere diverso il panorama centinaia di anni fa.
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Gli alberi secolari popolavano pianure e vallate: olmi centenari, querce imponenti che vegliavano sul loro territorio come ferme matriarche. C’erano platani grandi come ville e animali selvatici nascosti in ogni zona d’ombra. Immagino la quantità di arbusti intricati e spinosi, la fitta selva di fiori e frutti spontanei che doveva far da corollario a ogni genere di sentiero. Viaggiare, nei tempi che hanno preceduto l’industrializzazione o addirittura, nell’aspro ma affascinante medioevo, non era semplice. Un viaggio che a noi costa poche ore, secoli fa richiedeva giorni. Ci si incamminava su sentieri talvolta sconnessi, senza mappe tracciate con precisione, ma con una meta ultima ben fissa nel cuore e nella mente. Non c’era una data precisa di arrivo, mentre oggi calcoliamo i minuti primi e anche i secondi.
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Io non sono del tutto convinta che il nostro modo di viaggiare sia migliorato e si sia evoluto. Perché perdersi è diventato tragico, ai limiti del parossistico? Tutto è calcolato secondo il più stretto giro di latitudine e longitudine. Oggi sbagliare non è ammesso: viviamo compressi in limiti pre-definiti e pre-calcolati. Non c’è spazio per il caso, non c’è spazio per l’intervento del destino. C’è un Destino che è qualcosa in più rispetto a quello che ci sentiamo predire dall’oroscopo radiofonico. C’è un Destino che rappresenta il Progetto intelligente della nostra anima, del nostro esistere; la voce che ci chiama verso un luogo, una persona, un incontro. E’ lo spazio in cui si inseriscono le sincronicità, il flusso benefico entro il quale la nostra Anima risplende di tutte le sue potenzialità e noi ci esprimiamo al meglio di noi stessi.
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Riappropriamoci della nostra strada nel bosco, riattiviamo l’archetipo della selva oscura: quella zona sconosciuta dell’Inconscio dove svettano, come fitti sempreverdi, tutti i contenuti ancestrali che ci rendono individui speciali e pieni di risorse. Integrando nel quotidiano e nella nostra coscienza questa consapevolezza riusciremo a prenderci il tempo che ci occorre per percorrere il nostro cammino, per quanto aspro e scomodo, fino in fondo. Consideriamo la possibilità di perderci e viviamo questa eventualità come un dono, assorbiamo come spugne ogni informazione che ci raggiunge in questi frangenti. E poi andiamo avanti con la vita di sempre, per constatare che non è accaduto nulla di grave: ci siamo persi, abbiamo sbagliato, eppure il mondo è esattamente dove era prima… siamo noi ad essere diversi, un po’ più liberi, un po’ più veri.
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Imboccare una strada sconosciuta, interrompere un’abitudine, lasciar fare al caso in qualche occasione: sono i segnali benefici che la psiche congestionata dell’uomo moderno attende con arsura crescente, per riuscire ad esprimersi.
Imparare a gestire quello che in apparenza è un errore – e che molto spesso si rivela come una meravigliosa alternativa – fa parte del sano processo di ottimizzazione della vita. Non è possibile ottimizzare se non si lascia margine vitale alle risorse inconsce che abitano ogni individuo e che si esprimono attraverso le coincidenze fortuite, gli incontri inspiegabili e le folgorazioni improvvise.
Perditi! E lasciati folgorare! Ascolta il tuo cuore che batte forte per un imprevisto e non aver paura della paura, permetti alla profonda intelligenza della tua anima di esprimersi e osserverai accadere meraviglie.
Fonte : http://animater.org/2014/09/09/perditi/#more-355