Le persone che incontriamo nella nostra vita ci fanno da specchio e ci permettono di vedere talenti che chiedono di essere sviluppati e spigolosità da limare. In psicologia, si tratta del meccanismo della proiezione.

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Gli altri, sempre, ci parlano di noi. O meglio: in loro vediamo quelle qualità ma più spesso ancora quei difetti, quelle spigolosità, quelle inconcludenze che in realtà ci appartengono. In psicologia, questo meccanismo, viene chiamato “proiezione”.

E in effetti è una specie di strano film: vediamo negli altri, li vediamo meglio, con chiarezza disarmante, sentimenti, pensieri, impulsi irritanti, fastidiosi, noiosi o insostenibili. Succede con maggior chiarezza nelle situazioni di conflitto emotivo oppure se ci sentiamo in qualche modo minacciati nella nostra salute, nel nostro benessere o nella nostra tranquillità. E’ un modo per portare “all’esterno” (appunto: “proiettare fuori”) quello che abbiano in realtà dentro, ci appartiene: è uno stratagemma difensivo del nostro inconscio.

Le proiezioni non valgono solo per risentimento, invidia, antipatia e tutte le caratteristiche negative che possiamo immaginare ma anche per quelle positive: ammirazione, idealizzazione, affetto.

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Gli altri, per noi, sono uno specchio: ci parlano sempre, anche, di noi. Ammiriamo tantissimo una persona per la sua capacità di fare questo e quello? Quella dote è anche nostra, magari un po’ nascosta o dimenticata. Un tal soggetto ci irrita tantissimo? Qualche parte delle sue caratteristiche urticanti o, in generale, quell’atteggiamento è anche nostro, probabilmente represso, e lo agiamo senza accorgercene. Un responsabile dell’ufficio ci maltratta? Con quali parti di noi o con chi facciamo altrettanto?

Dice – chiaro, breve ed efficace – il saggio Buddha: “Tutto ciò che ti infastidisce negli altri è solo una proiezione di ciò che non hai risolto in te“.

Questo tipo di meccanismo psicologico svolge un ruolo particolarmente interessante anche nell’innamoramento, quando attribuiamo alla persona amata alcune caratteristiche che esistono solo nella nostra personalità. Anche in questo caso proiettiamo sull’altro parti di noi: i nostri desideri, le nostre qualità.

Va da sé che questo non significa che se si percepisce una persona, per esempio, amorevole oppure ingrata non lo sia davvero, non abbia veramente questa o quella “qualità”. Le domande che possiamo farci però sono due:

  1. la prima: quanto questa cosa mi “tocca”, mi importa perché mi fa entrare in contatto con emozioni piacevoli o fastidiose?
  2. La seconda: perché sta succedendo a me, in questo momento; cosa, di mio, posso ritrovarci?

Nel magico gioco della vita, nulla succede per caso (anzi, il “caso” non esiste): sul lavoro, negli hobby incontriamo le persone che sono perfette per noi, per un determinato periodo della nostra vita – anche solo il tragitto sul pullman per tornare a casa – o per sempre, per sviluppare talenti e/o per eliminare “smagliature” caratteriali. Le incrociamo sulla nostra strada perché è tempo di farlo, di cominciare “quel” lavoro su quell’aspetto.

E’ così: uno dei tanti doni che ci fa la “gente” che ci sta intorno è quello di diventare i nostri specchi, mostrarci parti di noi, così che possiamo assumercene la responsabilità e, pertanto, smettere di proiettarle sugli altri.

Quando prendiamo consapevolezza dei nostri processi mentali riusciamo poi a predisporci ad accogliere meglio – con empatia e rispetto – l’altro anche se “fastidioso”: non solo perché ci parla di noi ma perché, a quel punto, possiamo “contenere” pure quella parte di lui “spiacevole”, comprendendola, in quanto è stata o è anche nostra.

Si tratta di una prospettiva che, messa in pratica, apre spazi di bellezza – inimmaginabili prima – nelle relazioni. Come scrisse Rudolf Steiner: “Votarsi alla materia distrugge le anime. Trovarsi nello spirito unifica gli uomini. Vedere sé nell’altro edifica mondi”.

Anna Maria Cebrelli 

Fonte : https://www.greenme.it/vivere/mente-emozioni/25703-proiezione-altri-specchio

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