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E mi offro nuda, oggi, di fronte a te, sotto questa luna, mi offro, donna, a te, uomo, a nome di tutte le mie ave, di tutte le mie progenitrici, di tutte le mie madri e le mie sorelle e anche delle donne che verranno. Non è più il tempo del conflitto, non è più il tempo delle maschere. Soltanto la verità può portare ad un cammino di Unità, reale, in se stessi e con gli altri. E allora ti offro la mia verità, oggi, con infinito amore, per onorare chi sono, chi sei, e tutti i nostri fratelli e le nostre sorelle, senza distinzione di tempo e di spazio. E lascio che la mia voce di donna si fonda ad altre voci, femminili, che passano attraverso la mia. Confesso, amore, che stanotte ho pianto, ho pianto lacrime di dolore e di rabbia, di frustrazione e d’angoscia che poi hanno lasciato il posto alla compassione e all’umiltà. Allora mi sono inginocchiata come un’ancella di fronte ad un tempio, per benedire e ringraziare tutte le ferite che ci hanno segnato, tutti i lividi che ci hanno fatto scuri la pelle ed il cuore, tutti i drammi che ci hanno fatto alzare muri e barriere e imbracciare armi gli uni contro le altre. Ho pianto con le mie nonne, e con le mie ave, le esperienze di lutto, di separazione e di incomunicabilità fra il maschile e il femminile. Ho osservato centinaia di scene in cui uomini come te combattevano altri uomini, con il cuore ritorto dentro il petto nel colpire fratelli senza ne volto ne nome, ma con la stessa energia, la stessa vita, gli stessi sogni e lo stesso amore nell’anima. Ho osservato centinaia di scene in cui donne come me si sono perse nelle attese mute e nelle mute preghiere, in gioie spezzate e in fatica da portare sulle spalle da sole. Ho scoperto che un pezzo del mio cuore, amore mio, era rimasto, senza che io me ne accorgessi, in ogni campo di battaglia in cui tu hai combattuto, in cui hai ferito, in cui sei stato ucciso senza fare ritorno, e senza rendermene conto te ne avevo fatto una colpa. Ho sentito nelle mie cellule anni, secoli, di lotte fratricide, in cui le donne come me hanno perso il proprio valore e hanno chiuso le orecchie e il cuore alla vostra richiesta di essere accolti, uomini, troppo impegnate a schermarsi, troppo abituate a dipingere in ogni volto maschile quello di chi le aveva abusate, schiacciate, rese schiave o considerate immonde, a volte fasciando le loro braccia di catene, o denigrandole come serve o perfino uccidendole o bruciandole sul rogo. Ho pianto insieme alle mie ave sulle macerie degli scontri e del dolore che le hanno rese straniere a loro stesse, ai loro padri, ai mariti, ai fratelli, e che le hanno spinte a voltare le spalle ai loro stessi figli, come fossero frutti velenosi da rigettare dal proprio grembo. Se potessi parlarti ora, amore mio, se potessi affidare le mie parole alla luna e fartele recapitare dal vento, ti direi che ho compreso, quanto vuote di cuore sono state a volte le mie parole, le mie richieste, la mia mancanza di ascolto dei tuoi silenzi preziosi. Ti domanderei scusa per aver usato e abusato una forza non mia, per averti ingannato, e tradito, e rinnegato, così presa dall’idea di non farmi schiacciare da finire per schiacciare a mia volta. Ti chiederei scusa per aver negato la mia dolcezza, la mia capacità di abbandonarmi, la creatività e la ricettività che mi sono proprie, ritenendo più sicuro scegliere la strada della competizione anziché la via dell’accoglienza. Ti chiederei scusa per tutte le volte che non ho avuto fiducia in te e nel tuo cuore e per quando non ho saputo chiederti aiuto da un punto di contatto anziché di rivalsa e pretesa. Ti chiederei scusa, per aver generato fra noi un clima di tempesta anziché predisporre per i nostri cuori una culla d’amore. Ti domanderei scusa per aver addossato a me stessa la colpa di essere donna anziché saperne vedere e trasmettere a te e agli altri l’innegabile dono. Ti domanderei scusa, per quando non ho saputo avere fiducia nella tua guida e ho prevaricato il tuo cuore, il tuo essere, come accusavo te di fare con me. Ti domanderei scusa, per tutte le volte che ti ho negato il calore del mio grembo, ritenendomi indegna della mia divinità, e mi sono dipinta io stessa come un oggetto, anziché esplorare insieme a te una sessualità sacra. Ti chiederei scusa, per tutte le volte che ti ho spinto a mancarmi di rispetto, nutrendo in me e alimentando ai tuoi occhi l’immagine di una vittima senza alcun pregio nè valore.. Ora vedo con gli occhi del cuore. Vedo le nostre differenze e le nostre similitudini. Ti mostrerei, fiduciosa, le mie debolezze e la mia fragilità, affidandomi alla tua forza. Ti parlerei, delle sciocche paure che mi si agitano in petto, lasciandoti sorridere di esse mentre mi stringi con forza. Ti parlerei dei miei sogni e dei miei desideri lasciandoti fare altrettanto. Ti aspetterei nel silenzio esplorando la mia ricchezza interiore e quella della vita che in me si manifesta. Coltiverei la mia anima come offerta sacra da condividere nel mondo. Ti offrirei di incontrarmi nella mia nudità, senza armi, senza barriere, senza scudi, semplicemente io, nella luce della luna e dell’amore…
Virna Trivellato
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