Tu non sei il tuo lavoro
Ti è mai successo di perdere il tuo lavoro e di sentirti completamento perso? Oppure stai vivendo una situazione simile? Ti capita mai di pensare che se perdessi il tuo lavoro perderesti tutto?
Se ti trovi in una di queste circostanze, vorrei che ascoltassi questa storia che ho appena letto in un articolo dell’Huffington Post. Una ragazza sta per essere licenziata sul posto di lavoro. Sapeva che le cose non andavano bene, “i numeri non erano buoni quest’anno” e da giorni vedeva i suoi colleghi uscire dall’ufficio del capo e andarsene raccogliendo la loro roba dalle scrivanie. Era pronta a essere licenziata sì, ma non era preparata mentalmente. Si ricordò così il consiglio di un’amica, di ripetere come un mantra un’affermazione: io non sono il mio lavoro.
Forse questo mantra può servire a tutti. A volte ci si identifica così tanto nel proprio lavoro che non si riesce a immaginare di fare altro. Oppure la sola idea di poter perdere il proprio posto di lavoro incute non solo paura, ma panico. Identificarsi in qualcosa di diverso da chi siamo, è come costruirsi una casa sulle montagne russe.
Questo è pericoloso! Il nostro valore è qualcosa inseparabile da noi, non bisogna credere che il proprio valore sia qualcosa che dipende da fattori esterni. Se invece credi sia così, succede che stai bene quando a lavoro va bene e quando invece non hai più il tuo lavoro, credi che per te sia finita.
Succede così anche nelle relazioni, quando ci si identifica nell’altro e la relazione finisce, si ha la sensazione di essere persi. Ma stiamo parlando di lavoro, quindi non apro ulteriori parentesi, che poi perdo il filo.
Di cosa stavamo parlando? Ecco, tu non sei il tuo lavoro.
Che siamo a casa o a lavoro, siamo la stessa persona. Siamo noi a portare valore in quello che facciamo. E quando una situazione finisce o si cambia lavoro, approfittiamo per scendere dalle montagne russe e iniziamo a costruire una ruota panoramica: da qui possiamo restare fermi e riuscire a guardare il mondo da diversi punti di vista.
Sappiamo che il cambiamento sembra difficile soprattutto quando ci sono rate del mutuo, bocche da sfamare o pensioni da accumulare. Ma sappiamo anche che il cambiamento è inevitabile. Allora perché facciamo così tanta resistenza? Non dovremmo riuscire ad andare avanti sapendo che qualsiasi cosa che accade è stata disegnata per prepararci al prossimo passo e per insegnarci qualcosa che prima non conoscevamo?
Come esseri umani, siamo programmati per crearci abitudini e comfort. Ma se non ci fossero delle scosse nella nostra vita, molti di noi vivrebbero “felicemente” senza curarsi di nulla. Ma evidentemente questo è molto meno di quello per cui siamo chiamati, non possiamo evitare di pensarlo quando sentiamo quella spinta dentro che ci porta semplicemente a muoverci!
Il segreto è comprendere che le cose accadono PER noi, invece che A noi. E lasciare andare. Vivere è come stare su una serie di trapezi: più forte stringiamo la presa alla barra da cui dobbiamo staccarci e meno siamo pronti per quella che dobbiamo afferrare.
Tornando al lavoro, non aspettiamo di perderlo per lasciarlo andare: è necessario non identificarci più in quello che facciamo e accettare che abbiamo più valore e potere di quello che crediamo! Quando le cose vanno male a lavoro, assumiamoci la responsabilità che possa dipendere da noi, così anche quando le cose vanno bene succede anche grazie a noi! È vero, tu non sei il tuo lavoro, ma il lavoro è qualcosa che fai tu. “Non siamo quello che creiamo, noi non siamo la pellicola, siamo la luce che l’attraversa.” (cit. Jim Carrey)
Se poi accadono dei cambiamenti, siamo pronti a lasciare andare la barra del trapezio, a volte le cose cambiano perché quella barra dobbiamo lasciarla a qualcun’altro così che la giostra della vita possa continuare a girare.
Tutti noi abbiamo delle radici, ma non siamo alberi! Dobbiamo iniziare a sentirci a proprio agio nell’aria, sapendo che l’atterraggio avverrà proprio sui nostri piedi!
FONTE : http://albertomanieri.com/tu-non-sei-il-tuo-lavoro/