La preghiera che ci è stata consegnata direttamente dalle mani di Gesù nasconde un significato esoterico che la maggior parte di noi ignora: nel Padre Nostro sono racchiuse le invocazioni e le indicazioni per la retta pratica alchemica

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Joshua Reynolds: The Infant Samuel, 1776, Tate, London.

Joshua Reynolds: The Infant Samuel, 1776, Tate, London.

Ricordo ancora molto bene quando, a catechismo, il sacerdote ci ricordava di recitare il Padre Nostro prima di dormire, anche più di una volta. E io, da bravo bambino, ogni sera nel caldo nel mio letto, recitavo il Padre Nostro. Ricordo anche che cercavo di fare in fretta, un po’ per ripetere la preghiera più di una volta o due e un po’ per togliermi il pensiero. Fino a che, puntualmente, le immagini che la preghiera richiamava non si mescolavano alle immagini spontanee che accompagnano al sonno, e mi addormentavo prima di aver finito. Insomma, della preghiera la mia pratica ipnopompica aveva soltanto il nome. Non potevo immaginare che quella specie di filastrocca, in certi punti banale e in altri incomprensibile, fosse invece un potente mantra che custodisce i segreti dell’alchimia. Se non altro, mi rincuora il fatto che, sicuramente, neanche il sacerdote lo sapeva…

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La struttura del Padre Nostro
1. Padre nostro, che sei nei cieli
2. Sia santificato il Tuo nome
3. Venga il Tuo Regno
4. Sia fatta la Tua volontà, come in cielo, così in terra
5. Dacci oggi il nostro pane quotidiano
6. Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori
7. E non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.
Il Padre Nostro è un settenario, sicuramente non a caso. In esoterismo, il 7 è il numero perfetto e, soprattutto, la forma privilegiata di comunicazione tra l’uomo e la divinità. Attorno al fulcro costituito dal versetto centrale, il nr. 4, dove è racchiuso il segreto del Grande Arcano dell’Opera, cioè la Volontà, ruotano due gruppi di tre versetti ciascuno. I primi tre ci parlano della Suprema Triade dei Principi Creatori (il Padre, il Figlio, o Verbo, o Nome, e lo Spirito Santo, il Regno di Dio), mentre gli ultimi tre rivelano le basi della retta pratica alchemica (che, lo ricordiamo, è una pratica di trasformazione spirituale, non chimica…)

Cima da Conegliano

Cima da Conegliano. “Dio Padre”, Courtauld Institute of Art, Londra.

1. Padre nostro, che sei nei cieli
Padre, in latino pater, trae origine dal sanscrito pitar. Ma dal termine pitarsono derivati anche il latino petra e l’italiano pietra, Pietro (“Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia chiesa” – Mt, 16:18). Il Padre è dunque la pietra celeste, lo Zolfo Originario e privo di ogni contaminazione, l’Oro, mentre noi su questa terra siamo Sale, Piombo. Noi, che invochiamo il Padre come nostro, e non come mio. Ma non per usare un plurale maiestatis, bensì perché il plurale estingue quel singolare che ognuno di noi conosce fin troppo bene: l’Ego. L’Ego si annulla in un qualcosa di più vasto, il noi (caratteristica questa della nigredo).

2. Sia santificato il Tuo nome
yod-he-vao-heIl Nome è l’essenza segreta delle cose, l’idea formatrice. Conoscere il Numen equivale a conoscere tutto di una cosa o di una persona e, dunque, dominarla. Per questo motivo, nella Genesi, Adamo “impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche” (Ge, 1:20). Il Nome e l’essenza dell’Oro sono nascosti in Dio e per lo stesso motivo, non è possibile pronunciare il suo nome. Tantoché gli Ebrei avevano cercato di avvicinarsi un po’ di più alla verità con il sacro tetragrammaton composto dalle quattro lettere dell’alfabeto ebraico Jod-He-Vau-He: J-H-V-H (Jahveh). E nello Jod videro il principio maschile, Adamo, mentre nel He-Vau-He quello femminile, Eva, che si congiunge al primo per dare vita all’intero creato.

3. Venga il Tuo Regno
Il Regno che attendiamo è il regno interiore, quello che, attraverso il perfetto dominio di noi stessi, ci consente di estendere il nostro potere sull’intero Universo. Lo stesso Regno promesso da Dio a Mosè sul monte Sinai: «Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa». Queste parole dirai agli Israeliti» (Es, 19:6). Sacerdoti, ovvero, coloro che hanno compiuto l’Opera e che per questo sono sacri. Il termine sacro deriva dalla radice indo-europea sak, che vuol dire legare, attaccare, aderire (alla divinità). Venga il Tuo Regno, perché al Regno non dobbiamo andarci noi dopo la morte, ma deve essere conquistato qui, in vita, attraverso la pratica alchemica, mentre possediamo ancora un corpo di materia.

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4. Sia fatta la Tua volontà, come in cielo, così in terra
Alchemicamente, la Volontà è la scala che permette di raggiungere la gloria dell’Opera. Senza Volontà niente è possibile, perché l’Opera richiede tagli, perdite, sofferenza, senza inizialmente restituire niente in cambio. Nella totale rinuncia a se stessi, e nella Volontà di Dio, sta il segreto di ogni potere magico. Esattamente come a se stesso ha rinunciato Gesù nel Getsemani.
Jewish_StarCome in cielo, così in terra richiama l’assioma della Tavola Smeraldina di Ermete Trismegisto: “Ciò che è in alto è come ciò che è in basso, e ciò che è in basso è come ciò che è in alto, per la gloria della Cosa Una”, uno dei più famosi punti cardine dell’alchimia.
In Alchimia, il Fuoco (la risalita) e l’Acqua (la caduta) sono simboleggiati da due triangoli, il primo con la base in basso e il vertice verso l’alto, mentre il secondo con il vertice rivolto verso il basso. Nella sovrapposizione dei due, che conosciamo come la Stella di Davide, è racchiuso tutto il mistero del settenario e della nostra esistenza. Ma non solo, la stessa sovrapposizione è anche simbolo dell’unione dei due Corpi, il Sale e lo Zolfo (ossia quello fisico e quello animico), e del maschile e del femminile, che danno vita all’Adam Kadmon, l’Androgino Celeste, il Corpo di Gloria, la Resurrezione del Cristo.

5. Dacci oggi il nostro pane quotidiano
Il pane è simbolo del lavoro (anche alchemico), della fatica, dell’affannarsi in questa vita per la sopravvivenza terrena, ed è dunque prezioso. Per questo motivo, gli Ebrei facevano in modo che sull’altare del tempio di Gerusalemme non mancasse mai, quale offerta a Dio, il pane di proposizione, così come indicato nell’Esodo (25:30): “Sulla tavola collocherai i pani dell’offerta: saranno sempre alla mia presenza.” Il pane è dunque un cibo magico, in grado di fornire l’aiuto che ci serve per la trasmutazione.

6. Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori
In poche parole, la regola principe per liberarci dal fardello del Karma. Si contrae un debito con Dio nel momento in cui si spendono poco saggiamente le energie, la Vita che ci ha dato, orientandole verso una via non retta. Per riscattare il debito non ci rimane che il sacrificio, l’espiazione, la necessità di sviluppare una forza uguale e contraria a quella che abbiamo dissipato. Così, l’invito è quello di passare dal coagula, dall’accumulo, al solve, al dispensare, al dare, perché il povero trattiene, il ricco dà. E l’invito è anche a perdonare, per sciogliere realmente ogni debito. La versione ebraica recita in questo versetto: “E perdona i nostri peccati, come anche noi perdoniamo i nostri offensori.”

7. E non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male

Carl Heinrich Bloch, Il discorso della Montagna, 1877, Frederiksborg (Danimarca), Museo di Storia Naturale.

Carl Heinrich Bloch, “Il discorso della Montagna”, 1877, Frederiksborg (Danimarca), Museo di Storia Naturale.

Qui apparentemente c’è qualcosa che non torna. Se non ci misuriamo con le tentazioni, come possiamo affrontare la nostra nigredo e temprarci? Come possiamo superare le prove, se le evitiamo? Qui, il significato è piuttosto: “non sottometterci al dominio delle tentazioni”, o meglio ancora, come recita la versione ebraica: “non indurci nelle mani del nemico”, cioè il Male. Il Male è un impiego distorto del Mercurio Alchemico, il grande agente magico, è il fluire caotico delle forze della Natura e il loro ristagnare fuori dall’armonia, è magia nera. E solo la mano del Creatore può mettere ordine in questa faccenda. Ecco il motivo di questa invocazione.
Concludiamo la preghiera con Amen, che traduciamo con “così sia”. Ma Amen corrisponde al sanscrito Aum (l’Om), in cui si condensa il respiro di tutto l’Universo. Nel linguaggio esoterico, Amen significa il celato e gli egiziani pronunciavano Amen per invocare Ammon, il grande Dio dei Misteri, il dio celato. Per gli Egiziani, Amen è la prima emanazione della Divinità Suprema, la sorgente primordiale della Luce.

Per saperne di più
Julius Cohen. 14 Lezioni di Alchimia. Kemi, 1980
Su Amen: http://www.teosofica.org/it/glossario-dottrina-segreta/glossario/,32?start=332
Sul Numero 7, la perfezione: http://www.visionealchemica.com/il-numero-7/

Fonte : https://www.karmanews.it/14182/padre-nostro-una-preghiera-alchemica/

 

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