Inizia oggi l’approfondimento sui singoli numeri, numeri che sono realtà multiformi, variegate, uniche nel loro essere variate. Ogni numero è un aspetto di luce e un aspetto in ombra, un insegnamento da raggiungere e un’esperienza da integrare. Così non vi è un numero che sia superiore o inferiore ad un altro né numero che sia fortunato così come sfortunato. Sta al lettore, e a colui che ne fa esperienza, comprendere la voce autentica di quella cifra che volta per volta ritorna nell’esperienza per portare un bagaglio di bellezza nella quotidianità di colui che è in cammino.

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Il numero 33 ci parla una lingua a noi lontana poiché nel suo essere maestro ci conduce al di là dell’identità individuale e oltre per camminare sul mondo, sui vasti territori di terra e sulle acque che ci connettono gli uni agli altri. I numeri in cui vi è una ripetizione di una stessa cifra hanno una visione profondamente marcata di uno stesso sospiro divino, così questo 3 di creazione, di gestazione, di splendore e di leggerezza viene sottolineato dalla mano di Dio che in esso rivede l’archetipo del Maestro.

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Pensiamo agli anni in cui il Cristo fu iniziato al mistero della morte e della vita 33 anni, e agli insegnamenti profondi che nel corso dei secoli sono passati attraverso questo numero, non importa che ora io vi stia a dire quante volte nella storia questo numero nella sua geometria, nel suo suono, nella sua visione abbia rappresentato la parola di Dio/della Dea e il figlio, la figlia che attraverso di lui/lei parla; uno dei suoi significati più profondi può essere ritrovato nella 33° parola donata a Giobbe:

Ascolta, dunque, Giobbe, i miei discorsi,

ad ogni mia parola porgi l’orecchio.

Ecco, io apro la bocca,

parla la mia lingua entro il mio palato.

Il mio cuore dirà parole sagge

e le mie labbra parleranno chiaramente.

Lo Spirito di Dio mi ha creato

e il Soffio dell’Onnipotente mi dà vita.

Se puoi, rispondimi,

preparati dinnanzi a me, sta’ pronto.

Ecco, io sono come te di fronte a Dio

e anch’io sono stato tratto dal fango:

ecco, nulla hai da temere da me,

né graverò su di te la mano.

Non hai fatto che dire ai miei orecchi

e ho ben udito il suono dei tuoi detti;

<< Puro son io, senza peccato,

io sono mondo, non ho colpa;

ma egli contro di me trova pretesti

e mi stima suo nemico;
pone in ceppi i miei piedi

e spia tutti i miei passi!>>

Ecco, in questo ti rispondo: non hai ragione.

Dio è infatti più grande dell’uomo.

Perché ti lamenti di lui,

se non risponde ad ogni tua parola?

Dio parla in un modo

o in un altro, ma non si fa attenzione.

Parla nel sogno, visione notturna,

quando cade il sopore sugli uomini

e si addormentano sul loro giaciglio;
apre allora l’orecchio degli uomini

e con apparizioni li spaventa,

per distogliere l’uomo dal male

e tenerlo lontano dall’orgoglio

per preservarne l’anima dalla fossa

e la sua vita dalla morte violenta.

Lo corregge con il dolore nel suo letto

e con la tortura continua delle ossa;
quando il suo senso ha nausea del pane,

il suo appetito del cibo squisito;
quando la sua carne si consuma a vista d’occhio

e le ossa, che non si vedevano prima, spuntano fuori,

quando egli si avvicina alla fossa

e la sua vita alla dimora dei morti.

Ma se vi è un angelo presso di lui,

un protettore solo fra mille,

per mostrare all’uomo il suo dovere,

abbia pietà di lui e dica:

<< Scampalo dallo scender nella fossa,

ha trovato il riscatto>>,

allora la sua carne sarà più fresca che in gioventù,

tornerà ai giorni della sua adolescenza:
supplicherà Dio e questi gli userà benevolenza,

gli mostrerà il suo volto in giubilo,

e renderà all’uomo la sua giustizia.

Egli si rivolgerà agli uomini e dirà:

<<Avevo peccato e violato la giustizia,

ma egli non mi ha punito per quel che meritavo;

mi ha scampato dalla fossa

e la mia vita rivede la luce>>.

Ecco, tutto questo fa Dio,

due volte, tre volte con l’uomo,

per sottrarre l’anima sua dalla fossa

e illuminarla con la luce dei viventi.

Attendi, Giobbe, ascoltami,

taci e io parlerò:

ma se hai qualcosa da dire, rispondimi,

parla, perché vorrei darti ragione;
se no, tu ascoltami e io ti insegnerò la Sapienza.

La Sapienza è la conoscenza di Dio che passa nell’esperienza di colui che ricercandola si arrende al Maestro, il maestro sa, il maestro osserva, il maestro conosce e muove nei passi dell’alunno ostacoli che permettono in lui la nascita del discernimento, lo svilupparsi dell’amorevole tempra e della sovrana forza. Nella relazione tra maestro e alunno vi è la relazione tra una piccola comprensione ( 3 ) ed una grande comprensione ( 33 ), così che la luce del Maestro compenetra nella luce del discendente che in questa elabora dolore nutrendosi delle esperienze della notte, e delle parole della Luce. Il 33 è il numero dell’insegnamento, in cui confluiscono la via della ragione e la via del sentire, è una montagna sulla quale cima si ricevono i discorsi da riportare ai suoi piedi. Non vi è insegnamento di Maestro che non sia insegnamento di vita, non vi è armonia celeste che non contempli l’armonia terrena, e non vi è insegnamento di Maestro che non possa essere compreso dal cuore vergine di un bambino.

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Il numero 33 è un numero d’Amore che nella sua ombra diviene separazione: “La mia luce, è la tua ombra; più vasta è la mia luminosità, più nera sarà la tua notte” così che dinnanzi a noi non si staglia un Maestro ma un incantatore che rende l’anima prigioniera, schiava, povera. Attenzione allora all’Incantatore, a colui che rispecchiandosi nella folla diviene potente non ridonando amore bensì possesso. La sua energia è tanto potente come quella del Maestro ma è di valenza opposta, così che sotto l’egidia dell’incantatore sentiamo crescere in noi la rabbia, l’odio, la paura, sentiamo la frammentazione delle parti di noi, e la divisione cresce lasciandoci un vuoto che questo potere malevolo riempie nel momento in cui glielo permettiamo rendendoci schiavitù. L’Amore non è questo, l’Amore ci libera così tanto da lasciarci sicuri nei nostri errori dandoci il tempo di comprendere da soli e attraverso le nostre stesse azioni ciò che abbiamo fatto, quali sono stati i nostri sbagli, per apprendere la lezione nel giusto tempo di comprensione. Il 33 ci guida nel corso degli eventi e non ci chiede più di quello che siamo disposti ad apprendere e comprendere, ogni passo da noi mosso è un passo che da noi stessi è stato richiesto per fiorire nel disegno della vita. Il Maestro non ci da nulla di più di quello che siamo pronti ad accogliere e non ci dice neanche una parola di più di quella che possiamo comprendere. Nel lavoro con il Maestro nel Maestro noi risediamo nella nostra luce espandendo il nostro centro luminoso a tutto ciò che ci circonda, in questo il 33 è una nuova visione nella quale espandiamo la nostra bellezza danzando, creando, essendo generativi all’interno così come all’esterno, nel cielo così come nella terra, nell’intimità così come nell’universalità. La nostra espansione va di pari passo con la ricerca nelle nostre profondità all’interno delle quali ritroviamo il volto di ogni altro, non vi può essere maestria che non sia viva nelle acque dell’amore, e non vi può essere insegnamento che abbia nei suoi discorsi la possessione.

Seguiamo oggi il flusso dell’amore e certi nella nostra luce avanziamo…

Joele Sahel Schiavone, per approfondimenti su numeri singoli o per consultazioni: sahel.joele@gmail.com

 

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