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Scrivo questo post perché non vorrei più sentir dire da qualcuno, con fare rattristato, che è invecchiato.

Scrivo questo post perché la vecchiaia non è né una malattia, né un reato, né una condizione di cui vergognarsi.

Una società sana, armonica, dominata dalla saggezza e dalla consapevolezza dei cicli della vita, onora e tiene in grande considerazione gli anziani. Come mai, allora, non è così nella nostra?

Perché l’uomo occidentale da importanza all’apparenza. Mettiamo da parte tutti gli stereotipi e le frasi fatte sull’essere belli dentro…basta accendere la televisione, entrare in un supermercato o fare una passeggiata nel centro di una qualsiasi città per rendersene conto.

Bisogna essere belli, e non solo. Bisogna possibilmente anche essere ricchi e in carriera o aver successo, avere tanti fan che ti seguono su Facebook, aver raggiunto qualche traguardo o obiettivo, ed essere magari apparsi in un programma televisivo, la qual cosa è quella che genera la massima ammirazione.

Ma perché ammiriamo una persona che compare sullo schermo? Peché mai vedendolo lì, proiettato su un monitor dovremmo “ammirarlo”? Perché la gente vuole imitare i personaggi famosi? Forse per essere riconosciuti per strada? E cosa c’è dientro questa spasmodica ricerca di “essere qualcuno”?

E, soprattutto, quanta infelicità c’è, dientro al perseguire questi obiettivi così vaghi e fragili?

Io credo che tutta questa enfasi, che a me appare priva di senso, sia frutto di un grande indottrinamento, che riceviamo fin da piccoli, del fatto che dobbiamo “emergere”, essere “migliori” e sempre in competizione con gli altri. Ovviamente la gioventù è la fase della vita che meglio esprime questi valori.

Se sei giovane, “vai bene”, hai possibilità. Se sei anziano, non servi più a nessuno.

Come puoi servire se ormai è passato il tuo tempo, la tua opportunità per “emergere” e per “far carriera”? Come puoi servire se il tuo corpo non è più bello come un tempo, non è più telegenico, e magari neppure atto a produrre, poco funzionale a servire da ruota dell’ingranaggio del sistema?

Se sei giovane sei “okay”, puoi servire da personaggio del Grande Fratello e se va tutto bene andare persino all’Isola dei Famosi, se va male puoi sempre fare il cassiere in un supermercato o l’adetto di un call center, svolgerai la funzione della ruotina che gira e fa girare il tutto.

Ma se sei anziano? In quel caso non c’è né Grande Fratello call center che tenga. Non “servi” più.

Ecco che allora inizia una corsa spasmodica a voler essere giovani a tutti i costi, una lotta furibonda e indemoniata contro l’invecchiamento, visto come qualcosa di terribile, come un nemico da abbattere, un tabù da non nomimare, una tragedia da scongiurare.

A quel punto arriva l’abbigliamento, la cosmesi, la chirurgia, il viagra, ogni mezzo è buono per ingannare il tempo e crearsi l’illusione di un’eterna giovinezza.

Ma a cosa serve tutto ciò?

Voler rallentare a tutti i costi un processo naturale del corpo quale è l’invecchiamento, quanta infelicità produce? Quanto business è connesso con tutto questo? Quanto il farti credere che devi rimanere giovane fino ad 80 anni è funzionale al tuo benessere e quanto lo è alle tasche e agli interessi di qualcun altro? Ponitele queste domande.

La figura dell’anziano che ci viene proposta dai mass media è quella di un aitante giovanotto, o famoso o ricco o in carriera. Una persona che, a dispetto dei suoi 60/70/80 anni mantiene comunque un certo dinamismo quando non un certo sex appeal.

 Tutto questo è incredibilmente allettante e consolatorio in una società che teme l’invecchiamento come una malattia. Vedi il vecchietto che finge di esser giovane e ci riesce tutto sommato bene e ti consoli che anche per te sarà lo stesso.

Ma siamo sicuri che un anziano è solo questo?

Cioè: siamo sicuri che lo scopo dell’anziano sia quello di mantenere l’aspetto ed atteggiamento del giovane? O forse l’anziano potrebbe essere depositario di tutt’altro genere di virtù?

L’anziano è un saggio.

L’anziano è una figura da venerare e da rispettare, in quanto depositario della memoria e della saggezza. L’anziano è una guida per i giovani.

Io sono contento di esser riuscito a carpire, dalla mia nonna materna, prima che ci lasciasse, i segreti di un mondo che non c’è più. Vivevano, in totale armonia con la natura, in una grande vallata nel comune di Aulla, nel nord della Toscana. In una grande casa vivevano lei, i suoi sette fratelli e tutta la famiglia. Nessuno di loro aveva uno stipendio. Lavoravano la terra ed auto-producevano tutto.

Avevano i frutteti, gli orti, campi di grano e di mais, i boschi per le castagne e le noci. Avevano animali e pecore per la lana. I vestiti? Le donne sapevano tessere e cucire, e li facevano da sole, per loro stesse e per i loro uomini.

Sai quanto valgono, per me, i racconti di mia nonna, ascoltati dal vivo, mentre me ne parlava nel suo italiano stentato da donna che aveva fatto la quarta elementare, ma con la voce carica di emozione e consapevolezza?

So che vivevano tutti insieme, senza corrente elettrica, con la luce delle lampade a petrolio e la sera per scaldarsi si riunivano stretti gli uni agli altri, vicino al camino. Quando la mia bisnonna parlava (ovviamente in dialetto!), i bimbi annotavano in un quaderno i termini antichi che già a quell’epoca a loro sembravano strani, perché caduti velocemente in disuso.

Che valore ha tutto questo? Per me: immenso.

 

E non si tratta solo di racconti, bensì di una visione del mondo. Significa avere una guida. Perché puoi andare da tutti gli psicologi che ti pare, scaricare tutti gli e-book che vuoi, leggere tutti i post sul web di crescita personale che trovi, ma la forza e l’energia di conoscenza e saggezza che può arrivare da un anziano, soprattuto se della tua famiglia, difficilmente la troverai altrove.

E non è neppure vero che un corpo che invecchia sia brutto. Ma chi l’ha detto?

Un albero secolare ti sembra più brutto di uno giovane? Un gatto di dodici anni è peggio di uno di due? Al tuo cane quindicenne, ormai stanco e pigro accucciato da qualche parte vuoi meno bene di quando era cucciolo?

Fin da piccoli siamo stati abituati a considerare bello ciò che, appunto, ci è stato propinato come bello. Ma ben poche cose sono belle ogettivamente.

 La bellezza sta negli occhi di chi guarda, dice un vecchio detto. Se arrivasse un alieno in questo istante sulla terra, credi che saprebbe riconoscere quale corpo umano è più “bello” tra quello di un giovane e quello di un anziano? Io credo, molto semplicemente, che vedrebbe due forme diverse dalla sua. Così come quando noi vediamo un coniglio, o un pesce, difficilmente riusciamo ad identificare quanti anni abbia.

Liberiamoci di tutti i preconcetti che abbiamo. Diamo dignità alla vecchiaia e a noi stessi quando invecchiamo. I capelli bianchi non sono un demone da esorcizzare e la menopausa non è una tortura o un castigo divino. Il nostro corpo cambia e il suo cambiare è uno splendore, una magnifica espressione della ciclicità della vita.

Auspico un futuro in cui i giovani tornino a considerare come persone di gran valore gli anziani, auspico che li vedano come guida e punto di riferimento. Auspico che gli anziani in futuro tornino a prendere coscienza del loro ruolo, che la smettano di inseguire una stagione che non può tornare e si dedichino invece a vivere lo splendore della stagione che gli appartiene, con tutta la sua meraviglia. Scrivo tutto questo perché ho voluto molto bene ai miei nonni, perché mi mancano. Ma allo stesso tempo ringrazio ogni giorno per ciò che, di inestimabile valore, mi hanno lasciato.

Sono andato fino in Colombia per imparare lo sciamanesimo, ma ho compreso quando ero là che la vera, prima, sciamana che ho conosciuto, è stata proprio mia nonna. È stata lei ad insegnari a benedire, a ringraziare, a rispettare tutte le forme viventi, a vedere il bello del creato. La ciclicità a la magia della terra e della vita, vive ancora in me, anche grazie alle sagge, a volte rudive e allo stesso tempo dolcissime parole di quell’anziana, che sempre rimarrà nel mio cuore.

E se vuoi apprfondire questa mia visione, gli ho dedicato uno scritto sul mio blog, si intitola: l’importanza del rituale per vivere più felici.

Mi chiamo Elvio Rocchi, facevo l’ingegnere ed ho lasciato il mio lavoro per fare il musicista, viaggiatore ed incamminarmi sulla via tracciata dalla mia anima. Scrivo un blog per condividere il mio cammino di Risveglio della Coscienza: Spiragli di Luce.

 



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